Il corpo dell’uomo è il campo di gioco del Sé, che conosce le trasformazioni della materia. Questa conoscenza è la saggezza (Bhagavad Gita)
L’Anima del mondo, per Platone, è “per nascita e per virtù” anteriore al corpo e più antica di esso. Proprio come Prakriti è anteriore alle manifestazioni condensate della materia. L’anima del mondo è generata dal demiurgo mescolando l’essere indivisibile con quello divisibile “che si genera nei corpi“, ottenendo una “terza forma” di essere. Questa mescolanza di Identico e Diverso e della terza forma dà luogo a un’unica Idea . Questa sua volta è suddivisa secondo una proporzione aritmetca basata sui multipli del due e del tre (1, 2, 3, 4, 9, 8, 27) e, poi, su proporzioni complesse che come riporta Russell contengono in sé le fondamenta dell’armonia musicale. L’anima del mondo, quindi, è medio tra i due estremi, tra Purusha e mondo materiale.
A partire da questa prima composizione, il demiurgo opera un’ulteriore di trasformazione, dapprima suddividendo l’anima a formare una sorta di X, quindi richiudendo le estremita a dare dei cerchi che si chiudono nello steso punto, uno concentrico all’altro. È qui che compare il movimento: la ruota interna è quella del Diverso, quella esterna è quella dell’Identico. Il cerchio esterno è indiviso, mentre quello interno è diviso in sette cerchi ulteriori, anch’essi in rotazione. Secondo Giovanni Reale (Platone, Timeo, ed. Bompiani, p.282), questi cerchi rappresenterebbero a livello intellegibile, gli enti matematici intermedi che svolgono una funzione di “mediazione strutturale fra il mondo sensibile e quello intellegibile”. Dopo aver costruito la struttura, il demiurgo la riempie con “tutto ciò che ha carattere corporeo“, dopodiché riunisce il centro di quanto ottenuto con quello dell’anima, armonizzandoli tra loro. L’anima avvolge il cielo dall’ esterno, proprio come una membrana protettiva, e da essa si origina il principio divino che genera la vita e l’intelligenza lungo tutto l’arco del tempo. Anche per Platone, quindi, una genesi top-down del mondo materiale, in cui l’anima rimane presente, “partecipe di ragione e di armonia“, invisibile proprio come il Sé celato dal velo di Maya creato dalla percezione sensoriale. Come per il Samkhya, così anche per Platone la funzione più elevata dell’anima, corrispondente a quella del primo evoluto Buddhi, l’intelletto, è quella della conoscenza.
La capacità di ragionare, di discriminare, tra l’Uguale e il Diverso, messa in atto al proprio interno (come una meditazione) produce opinioni e credenze “solide” se riferito al mondo sensibile. In questo caso è il cerchio del Diverso che trasmette le informazioni all’anima, così come i sensi informano Buddhi attraverso la mediazione di Manas, la mente sensoriale. Se invece il ragionamento riguarda il “razionale” produce intelligenza e verità, e la conoscenza viene trasmessa all’anima dal cerchio dell’Identico e permette di discriminare tra le cose uguali e quelle diverse, e rispetto a tutti gli accadimenti a cui sono sottoposte (T 37 B).
Quindi opinioni basate sui sensi, che acquisiscono informazioni su ciò che é diverso, quindi sui mille aspetti della realtà fenomenica, in analogia a quanto fatto da Manas. Verità, invece, che si basa sull’intuizione di ciò che è identico, ovvero della mente superiore Buddhi, l’intelligenza che conosce. Cosa curiosa, per Platone la vera conoscenza si produce in modo silenzioso attorno ciò che si muove da sé: ricorda molto la meditazione sul respiro, movimento spontaneo e circolare, krya a non karma, che rappresenta la porta di entrata alla vera conoscenza del Sé per lo yoga.
Per il Samkhya tre sono le vie di retta conoscenza (SK 4): la percezione, corrispondente alla via platonica del Diverso. L’inferenza, comprendente al suo interno la presunzione, diretta o per sentito dire, corrisponde al ragionamento logico. L’inferenza è triplice (SK, 5), in quanto può essere a priori, a posteriori o basata sull’osservazione generale. Il Samkhya, inoltre, dice che l’inferenza deve essere preceduta dal segno caratterizzante o dall’oggetto caratterizzato. Nel primo caso, dall’attributo si risale tramite la deduzione all’oggetto a cui esso è riferito. Nel secondo, viceversa, dall’oggetto si risale all’attributo ad esso riferito.
Il processo di deduzione, o inferenza, permette di conoscere anche quello oggetti sottili che sfuggono alla percezione sensoriale. La testimonianza di fede permette di conoscere ciò che non è altrimenti conoscibile neanche attraverso l’inferenza (SK 4)
La natura-Prakriti, caratterizzata dall’equilibrio dei tre elementi costitutivi Sattva, Rajas e Tamas, essendo sfuggevole alla percezione sensoriale, può essere conosciuta solo tramite osservazione generale della realtà fenomenica manifesta. Il fatto che appaia “cosciente”, essendo dotata di intelletto-Buddhi, fa inferire che essa debba essere dotata di un principio che la presiede, l’anima.
La parola degna di fede, infine, è rappresentata dalla rivelazione: in quanto tale, essa è mediata dalla trasmissione da parte di maestri autorevoli o dai Testi. Essa si applica alla conoscenza di tutte le cose che sfuggono alle sopra citate forme di conoscenza tramite la percezione o l’inferenza.
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