SK 10: Elementi e realtà percepita

Mula-prakriti, la Natura-radice, non è prodotta; i sette principi che da essa derivano sono produttivi e prodotti. Da questi derivano altri sedici principi che sono soltanto prodotti. L’anima non è produttiva né prodotta (SK 3)

Immaginate per un istante di essere appena nati, e completamente ciechi: siete l’atto giunto a compimento di una creazione, della natura-radice (Mula-Prakriti) che non è prodotta ma semplice immagine dell’eterno Purusha – Demiurgo che, a causa delle forze universali – Guna, è stata plasmata in forma di materia. Siete l’omuncolo nella figura, l’ombelico del mondo che il mondo deve imparare a conoscere. Esso è materia, ma ancora non sa di esserlo. Deve rapportarsi con un mondo materico, ma ancora completamente sconosciuto. Come fare?

Su un punto Samkhya e Timeo concordano: la percezione come strumento primario di conoscenza. Percezione che porta alla conoscenza di una verità solo verosimile, direbbe Platone. Retta conoscenza della Realtà ultima che si può basare solo su tre mezzi per il Samkhya: la percezione stessa, l’inferenza e la parola degna di fede.

I tre mezzi di retta conoscenza sono la percezione, la deduzione e la parola degna di fede. Essi includono tutti gli altri mezzi di conoscenza e permettono di conoscere tutto ciò che è conoscibile (SK 4)

Lasciamo perdere in questa sede la parola degna di fede, che è la via tipica delle religioni come il Cristianesimo; oggi quello che ci interessa analizzare sono i meccanismi alla base della percezione della realtà, ovvero il modo in cui in ogni istante della vita ‘formiamo’ la nostra idea di realtà materiale, la impastiamo, la trasformiamo di continuo…

I sette principi prodotti e produttivi: gli elementi sottili

Abbiamo già visto come Buddhi, l’intelletto, e Ahamkara, il senso dell’Io, siano i primi due principi ad essere prodotti a partire da Prakriti, la radice di tutte le cose. Essi sono anche produttivi, nel senso che a loro volta generano ulteriori principi: Buddhi genera in primo luogo Ahamkara stesso, la mente che agisce nel mondo. E’ il neonato che lancia il primo strillo: non sa ancora perché, ma sa che deve ‘farlo’, deve mettere in atto questa prima azione che lo pone nelle condizioni di riuscire a vivere in questo nuovo e inesplorato ambiente. Da questo momento il neonato inizia a crescere attraverso la continua percezione di ciò che lo circonda, la rielaborazione dei dati e la decisione, sempre più precisa e accurata, delle azioni da intraprendere. Da Ahamkara si generano i cinque Tanmatra, gli elementi sottili, le facoltà sensoriali: le facoltà di percepire il suono, il tatto, il colore, il sapore, l’odore. Tali facoltà sono già presenti a livello di vita fetale, per lo meno per quanto riguarda la capacita del feto di udire i suoni. Anche gli elementi grossolani sono ovviamente già presenti fin dal primo istante di esistenza del feto, che in caso contrario non potrebbe esistere. Sono pero’ elementi ancora estremamente rarefatti: il bambino ci mette alcuni mesi ad interpretare correttamente gli stimoli che gli arrivano dall’esterno. All’inizio riconosce magari solo il sapore del latte materno, l’odore e la voce della mamma, che già conosceva da quando era ancora nella pancia. Piange quando ha fame, e per il resto dorme beato. Poi pian piano inizia a riconoscere gli stimoli tattili, dalle carezze a quella strana sensazione che danno i vestiti e i pannolini sulla pelle, tutte quelle voci che gli fanno mille moine e complimenti, tutte quelle cose colorate che gli volano davanti agli occhi sempre più aperti e che man mano assumono forme di giocattoli e ninnoli appesi, i nuovi gusti più o meno gradevoli che sostituiscono quello del latte. E’ un cammino progressivo che trasforma gradualmente la realtà percepita nella direzione di un grado di dettaglio sempre maggiore, rendendola sempre più definita. Buddhi, Ahamkara e i Tanmatra sono i sette principi prodotti e produttivi, in quanto portano ad evolvere verso una realtà fatta di elementi sempre più dettagliati e grossolani.

Per Platone, ciò che è generato deve essere ‘corporeo, visibile e tangibile’. Egli pone quindi Fuoco e Terra come elementi base dell’Universo. Nulla, infatti, potrebbe essere visibile se separato dal Fuoco, né tangibile se separato dalla solidità delle Terra (T 31 B)

Fuoco, ovvero luce dell’intelletto – Buddhi che illumina e conosce ciò che è; Terra, ovvero materia che prende una forma, che però non è ancora ben definita, ed è necessario un terzo principio per produrre tale forma (T 31C).

Del resto, anche la Bibbia parla di una iniziale divisione tra ciò che sta in alto e ciò che sta in basso.

In principio Dio creò il cielo e la terra (Genesi, I, 1)

E’ ancora terra informe, elemento sottile, la creazione della terra come la si intende abitualmente la si trova solo al terzo giorno, quando Dio separa le acque dall’asciutto, chiama l’asciutto ‘terra’ e le acque ‘mare’. Passano ancora parecchi giorni e parecchie divisioni degli opposti prima che, da questa stessa terra, Dio sia in grado di creare l’uomo.

I sedici principi prodotti: gli elementi grossolani e i sensi

Torniamo al nostro neonato che sta facendo esperienza del mondo. Come? Molto probabilmente iniziando ad esercitare il proprio ego togliendo il sonno ai genitori, mettendosi in bocca qualsiasi cosa gli capiti a portata di mano, gattonando qua e là e poi zampettando su due sole gambe, osservando con sempre maggiore curiosità ogni cosa e ogni persona, parlando più o meno a vanvera, inventandosi giochi sempre nuovi e provando a non finire…per vedere l’effetto che fa!  Potremmo fare una lista di milioni di attività che impegnano qualsiasi tipo di cucciolo, uomo o gatto poco importa…l’unico scopo, comune a qualsiasi specie nelle prime fasi della vita, è esplorare la realtà per capirne il funzionamento e imparare a gestirla e a interagire con essa nel modo corretto. Per far questo sono indispensabili gli altri sedici principi di cui parla il Samkhya: Manas, la mente sensoriale, i cinque elementi grossolani, i cinque organi di conoscenza e i cinque organi di azione. Essi sono generati a partire dai principi superiori, ma non generano a loro volta alcunché.

Partiamo da Manas, la mente sensoriale che raccoglie tutte le percezioni e le invia a Citta, il magazzino della memoria, a disposizione per l’elaborazione da parte di Buddhi. Manas è l’undicesimo senso, il senso interno, quello che chiamiamo abitualmente il sesto senso: è la parte della mente che è sempre attiva durante la veglia e ci pone a contatto con l’ambiente esterno, creando la realtà per come la conosciamo. Ma come la conosciamo? Attraverso la percezione dei cinque Bhuta, gli elementi grossolani – terra, acqua, fuoco, aria e spazio – che ha luogo attraverso i cinque Jnana Indriya, gli organi di conoscenza o di senso: naso, lingua, occhi, pelle, orecchie.

Siamo sempre ciechi, con le mani tocchiamo qualcosa di soffice e umido, la avviciniamo al naso e attraverso le papille olfattive che caratterizzano l’elemento sottile olfatto e riconosciamo l’odore tipico della terra bagnata. Siamo assetati e beviamo avidamente un bicchiere d’acqua dalla prima fonte disponibile: se è una pozza fangosa o una bottiglia sigillata, l’acqua del mare o quella del rubinetto, la nostra lingua ce lo segnalerà attraverso la facoltà del gustare. Una sera d’inverno davanti al camino acceso: chi non si è mai perso a osservare con occhi rapiti le mille evoluzioni del fuoco in continua trasformazione? D’estate al mare, invece, la brezza leggera ci fa venire un po’ di pelle d’oca: è la facoltà del tatto ad essere stata attivata attraverso i recettori sulla pelle. Il suono infinito del silenzio: un suono sempre presente eppure così difficile da avvertire, persi come siamo nel caos senza forma delle mille fonti sonore che incessantemente percuotono le nostre orecchie.

Man mano che il bambino cresce, gli elementi sottili, attraverso la mediazione di Manas che raccoglie le percezioni a livello di singolo organo di conoscenza, prendono sempre più forma e assumono i contorni ben più definiti degli elementi grossolani: sono questi ciò che costituisce la nostra abituale realtà percepita, una realtà sempre soggettiva e mai oggettiva, e oltretutto in perpetuo cambiamento in quanto la percezione cambia di istante in istante e ciò che era fino a questo momento, ora non è più. Era una pagina bianca, ora è sempre più piena di parole…

Una realtà all’interno di cui agiamo attraverso i cinque Karma Indriya, gli organi di azione – gambe, braccia, gola, genitali e ano – che eseguono le decisioni di Buddhi poste in essere da Ahamkara sulla base delle percezioni di Manas, che nuovamente ci porterà nuove percezioni come conseguenza delle nostre azioni e così all’infinito, in un circolo senza fine di causa – effetto.

L’effetto (la gallina) viene prima della causa (l’uovo): ciò che non esiste, infatti, non può essere prodotto, né gli oggetti possono essere prodotti a caso a partire da altri oggetti. È sempre necessaria una specifica abilità, insita nella causa (SK 9)

Anche Platone introduce l’idea che la realtà non si produce a caso, ma secondo proporzioni geometriche ben precise che collegano la terra col fuoco attraverso la mediazione di altri due elementi, l’acqua e l’aria. La presenza di due medi è resa necessaria, secondo il filosofo greco, dal fatto che il Demiurgo doveva produrre un mondo dotato di profondità, tridimensionale, e non solo una superficie piatta.

Il legame più perfetto è quello che unisce tutte le cose in una sola, secondo il principio di proporzione che ha generato anche il mondo.  (T 31C-32C)

Questo mondo così creato è ‘indissolubile’, intimamente e eternamente collegato con il suo creatore: così come i cinque corpi, corrispondenti ciascuno a un elemento a partire dal corpo fisico grossolano – terra a quello spirituale – spazio, formano un tutt’uno di corpo, mente e spirito che raggiunge la perfezione nel momento del Samadhi, della liberazione da tutti i legami dei sensi che ci mantengono collegati con la realtà sensibile. Allora gli elementi, che siano sottili o grossolani, cessano di esistere così come gli undici sensi e Ahamkara.  Si torna ad essere la perfetta realizzazione del progetto del Demiurgo che ha progettato il mondo come un tutt’uno costituito dall’insieme di tutte le cose, e immune dal passare del tempo, dalla vecchiaia e dalle malattie in quanto di per sé perfetto (T 33 B).

Platone specifica anche che l’azione esterna degli elementi atmosferici e di tutto ciò che agisce su un corpo ne provoca la dissoluzione, ed è causa di malattia, vecchiaia e infine morte (T 33B)

Giunta a questo punto, potrei lanciarmi in una disquisizione sugli elementi dal punto di vista chimico e sulle loro trasformazioni, ma poiché la percezione visiva dello schermo si sta facendo annebbiata, quella sapientona della mia Buddhi mi dice che è meglio appendere la laurea al chiodo e andare a nanna…bonne nuit

© Nisbacat – RIPRODUZIONE RISERVATA

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