Il primo principio che si può ammettere per la compositione de Misti è uno spirito universale che essendo sparso da per tutto, produce diverse cose secondo le diverse Matrici overo Pori della Terra ne quali si trova rinchiuso. Ma essendo questo principio alquanto metafisico, e non soggiacendo à sensi, è bene di stabilirne de sensibili, e per questa ragione addurrò quelli che communemente sono in uso. (dal Corso di Chimica del Signor Nicolò Lemery ch’insegna il modo di far l’Operationi che sono usuali nella Medicina con Metodo facilissimo et Ragionamenti sopra ciascuna Operatione – edizione di Bologna, Giulio Borzaghi, 1700)
Ci eravamo lasciati sulle relazioni tra essere, spazio e generazione, ovvero le tre forme della realtà. Platone, a questo punto, torna una volta ancora e in modo ancor più dettagliato sulla generazione dei quattro elementi, spiegandola sulla base di rigorosi principi geometrici che, a partire da due tipi fondamentali di triangoli, conducono alla generazione dei solidi platonici. Non mi dilungherò nell’esposizione di tale teoria, seppur affascinante dal punto di vista logico-matematico, limitandomi a riassumerla per sommi capi.
L’importanza dell’angolo retto
I quattro elementi, dice Platone, sono corpi materiali e in quanto tali dotati di profondità (T53C). Questa, a sua volta, va compresa sulla base della comprensione del concetto di superficie, che è costituita da due tipi fondamentali di triangoli rettangoli: il triangolo isoscele e quello scaleno (T53D). Sono proprio questi due tipi di triangoli elementari che costituiscono i prìncipi degli elementi in quanto corpi materiali, mentre i prìncipi superiori ad essi li conoscono solo Dio e quelli tra gli uomini che sono “amici di Dio” (T 53D). I due tipi di triangoli rettangoli non sono tra loro equivalenti, infatti il triangolo isoscele possiede un’unica natura, mentre quello scaleno ne ha infinite (T54A). Si possono infatti costruire infiniti triangoli rettangoli scaleni con tre lati diversi, mentre c’è una sola possibilità di cotruire un triangolo rettangolo isoscele con due lati uguali tra loro.
Non solo, tra gli infiniti triangoli scaleni ne esiste uno di particolare bellezza, il triangolo rettangolo equilatero, che è l’unico della categoria preso in considerazione da Platone per la generazione dei solidi (T54B). Non ancora contento, il filosofo specifica ancor meglio le caratteristiche che deve avere il triangolo scaleno, ovvero che il quadrato del lato maggiore sia triplo di quello del lato minore e il lato minore sia pari a metà dell’ipotenusa.
La generazione e le trasformazioni degli elementi
Il triangolo isoscele è alla base della generazione di un solo elemento, mentre dallo scaleno se ne generano tre, che si possono trasformare uno nell’altro (T54C). E ogni elemento che si genera da questi triangoli può a sua volta generarne di più piccoli, con la forma che più gli conviene. Anche i triangoli piccoli si dissolvono, prima o poi, in triangoli elementari e formano una massa unica che dà luogo ad un nuovo, grande genere di triangolo (T54D)

Il primo genere è il fuoco, il solido più piccolo di tutti e che si forma da quel particolare triangolo che ha l’ipotenusa doppia del cateto piu corto (T54E). L’unione di due di questi triangoli lungo l’ipotenusa genera un rombo; tre di questi rombi, a loro volta, generano un triangolo equilatero. L’unione di quattro di questi triangoli dà luogo al primo solido geometrico, il tetraedro, che divide in quattro parti uguali la sfera in cui è inscritto. (T55A)

L’aria è il secondo elemento, ottenuto da otto dei precedenti triangoli equilateri disposti a formare un ottaedro. L’acqua corrisponde all’icosaedro (T55B). Fuoco, aria e acqua sono quindi i tre elementi che derivano dal triangolo scaleno.

La terra, il quarto elemento, ha forma di un cubo e deriva dal triangolo isoscele, che si appaia dapprima lungo l’ipotenusa formando un quadrato; quattro quadrati formano poi il cubo (T55C).

Platone non descrive nel dettaglio la quinta combinazione, il dodecaedro, limitandosi a dire che Il demiurgo si servì di essa “per decorare l’universo”.

Il cubo è stabile e immobile, difficilmente plasmabile, ha le basi più solide (T55E) e rappresenta quindi l’elemento solido per eccellenza. Tra i restanti tre solidi, l’icosaedro è quello più grande e difficile da muovere, che presenta meno angoli acuti e corrisponde pertanto all’acqua. Il fuoco, invece, corrisponde al tetraedro, forma piccola e mobile, acuta e tagliente. Per l’aria non rimane che la possibilità intermedia, l’ottaedro (T56A e B).
A questo punto Platone introduce un’idea che potrebbe far pensare lontanamente a quella di atomo, forse mutuata dai filosofi precedenti, anche se la parola atomo non è citata apertamente.
Per il filosofo, infatti, tutte queste forme vanno pensate essere molto piccole, tanto da essere invisibili. Solo quando si aggregano insieme in quantità macroscopica se ne può apprezzare la massa (T56C)
Trasformazioni, le mille facce della natura

Platone passa quindi a considerare le trasformazioni tra i vari elementi. La terra, nata dal genere unico corrispondente al cubo, può solo sciogliersi in quanto penetrata dalle punte acute del fuoco o dilavata nel flusso dell’acqua o dell’aria, per poi nuovamente riaggregarsi in forma solida (T56D). Così, la lava incandescente del vulcano, o le acque pluviali o dei fiumi che trasportano sul fondo dell’oceano i sedimenti formatisi dall’erosione delle rocce, dove le elevate pressioni li trasformano nuovamente in roccia nei tempi geologici.

Gli altri tre generi, invece, possono interconvertirsi uno nell’altro secondo precise proporzioni (T56E). È sempre il fuoco l’elemento tagliente e separatore, a causa dei triangoli acuminati da cui è formato. I generi si “sciolgono” in parti più piccole finché entrano in contatto con un altro genere più forte, che prevale e causa la separazione dei triangoli elementari. Tale separazione – purificazione procede finché tutte le particelle così ottenute sono uguali tra loro.
Solo quando si giunge a tale limite estremo, infatti, non è più possibile nessuna trasformazione ulteriore, né alcuna nuova reazione con altre particelle della stessa specie (T57A)

Gli elementi ingaggiano un vero e proprio combattimento senza esclusione di colpi, dove i piccoli e deboli soggiacciono ai più grandi e forti, fino a venire completamente disciolti e inglobati in essi, diventando tutt’uno con essi (T57B). Dal fuoco si genera aria, e dall’aria l’acqua. Non solo si trasformano tra loro: gli elementi cambiano anche luogo, distribuiscono le loro masse nel modo più confacente secondo “il movimento della natura“, un movimento che avviene per scuotimento e ricongiunge simile a simile (T57C).
Infine, Platone spiega l’infinita varietà delle cose con il fatto che i triangoli elementari possono esistere in qualsivoglia misura, da cui le varie specie di cose tipiche di ciascun genere, che mescolandosi tra loro generano la varietà della realtà (T57D).
È proprio di questa varietà che bisogna diventare osservatori, se si punta ad utilizzare il “ragionamento verosimile” come strumento di conoscenza (T57D)
Così, è l’oggetto stesso dell’osservazione che genera la vera conoscenza, purché l’osservatore sia in grado di applicare discernimento nell’osservarlo. Che poi si tratti dell’osservare l’infinita varietà della natura, perdersi nei diagrammi geometrici (ricchi di triangoli) dello Sri Yantra o meditare sui simboli dei chakra, ad esempio, poco cambia. Il percorso procede sempre dal generale, differenziato, al particolare, punto indifferenziato centrale, baricentro del triangolo, in cui conoscente, conosciuto e colui che conosce ritrovano e riconoscono la propria unità.
Platone ribadisce ancora come nell’uniformità non può mai esserci movimento (T57E). La ritrovata unità, quindi, implica immobilità che, come abbiamo già discusso, è la condizione tipica del Demiurgo – Purusha, del Sé supremo che ha ritrovato se stesso nelle cose del mondo.
L’universo, poi, essendo circolare e in rotazione, abbraccia tutte le cose, al suo interno non vi è spazio vuoto (T58A). Questo fa si che gli elementi si interpenetrino in modo più o meno spiccato a seconda delle loro caratteristiche. Il fuoco appuntito e tagliente è il più pervasivo, seguito dall’aria sottile, dall’acqua e infine dalla terra. Gli interstizi presenti nei corpi grandi sono colmati da quelli piccoli che si insinuano in essi, condensano e innescano il moto verso il basso o verso l’alto che li riporta al luogo ad essi più confacente.
È questa difformità di forme e composizione che, rinnovandosi a ogni nuova combinazione, produce il continuum di movimento dei corpi, che non cessa mai di esistere (T58C)
Le varie forme degli elementi

L’analisi di Platone si fa sempre più dettagliata, e il filosofo passa a considerare le diverse specie che si possono presentare per ciascun elemento. Dal fuoco derivano la fiamma, la luce da essa prodotta, la brace e il calore tipico dei corpi arroventati (T58D). L’aria si divide in una parte “purissima”, l’etere, e in una torbida, la nebbia e la tenebra. L’acqua si distingue nella specie liquida e in quella fusibile, come i metalli. La prima é composta da particelle piccole e diseguali, pertanto sempre in movimento. La seconda da particelle uniformi e più grandi, pertanto più compatta, densa, pesante e stabile (T58E). Platone arriva a descrivere i passaggi di stato, ad esempio quello solido-liquido:
L’azione del fuoco penetra in profondità nella massa di sostanza, che inizia a sciogliersi. Le particelle di cui è costituita acquistano maggiore possibilità di movimento, si possono espandere o muoversi più facilmente spinte dall’aria. Proprio in questo concetto va ricercato il processo della “fusione”(T58E)

Le acque fusibili sono le genitrici dei metalli, ottenute da esse per fusione: si potrebbe quindi concludere che esse siano i minerali, da cui gli antichi fabbri – con arte quasi mistica (basti pensare alla figura mitologica del dio Vulcano) – ricavavano i preziosi metalli. L’acqua fusibile più preziosa, per Platone, è l’oro, costituto da “parti sottilissime e uniformissime“, perfettamente omogeneo e giallo lucente (T59B). L’adamante è il “nodo dell’oro“, nero e duro: vi si potrebbe leggere il minerale da cui viene estratto il prezioso metallo o forse anche il ferro, dall’aspetto per l’appunto nero. Il rame, invece, deriva da un’acqua lucente più densa dell’oro e meno omogenea, che contiene anche una piccola parte di terra. Il verderame, infine, altro non è che la terra che si separa dal rame fuso e ricondensa (T59C).

L’acqua fluida o molle, liquida, è mescolata al fuoco e ha basi meno stabili della terra, motivo per cui risulta cedevole. Quando, invece, si separa dal fuoco diventa più uniforme e condensa, solidificando nella forma di acqua pura, diventando grandine o ghiaccio. (T59E). Se la “coagulazione” avviene solo a metà si formano la neve o la brina. I succhi delle piante, poi, derivano dalla miscellanea delle diverse specie di acqua. Quattro di questi succhi contengono fuoco: il vino, che scalda l’anima; gli oli e la pece, lucidi e brillanti; il miele, che produce “dolcezza” dilatandosi in bocca; il fermento, che scioglie le carni e produce schiuma (T60A-B).
La terra si trova sempre mescolata con gli altri elementi: quando è filtrata attraverso l’acqua e poi compressa diventa pietra (T60C); la terra essiccata dal fuoco è l’argilla, quella liquefatta da esso la lava (T60D); la terra solubile in acqua sono i sali, che insaporiscono i cibi, e il nitro, che purifica dall’olio e dalla terra (T60E); quando la terra è in quantità maggiore dell’acqua, la mescolanza dà luogo ai vetri (pietre trasparenti), nel caso contrario si formano cere e resine (T61B-C).
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