Tutte le cose si originano sulla base di una qualche causa. Nulla può esistere senza una causa. (T 28 A)
Filosofia naturale orientale e occidentale, due mondi apparentemente molto lontani. In realtà, gli stessi concetti base ritornano in quasi tutte le culture presenti sul pianeta Terra, espressi con parole diverse. Il Timeo di Platone riprende quasi tutti i concetti base del Samkhya Darshan: in questo post, e un po’ per volta nei post futuri, vorrei provare a delineare i possibili parallelismi visti da due testi fondamentali per chi ama la filosofia che si fa pratica di vita, pietra filosofale. Parto dal prendere in considerazione il preludio al discorso di Timeo, che introduce l’intero sistema cosmogonico di Platone.
Universo generato o ingenerato?
Questa è la prima, fondamentale domanda che Timeo pone a Socrate a preludio della sua esposizione sui principi metafisici che reggono l’intero universo. Una domanda che trova risposta solo distinguendo due concetti chiave: ciò che è eterno, non generato, da ciò che è impermanente, e pertanto generato. Timeo spiega subito come la differenza tra permanente e impermanente possa essere colta attraverso la capacità di discernimento, che permette da un lato di arrivare a conoscere ‘ciò che è sempre nelle medesime condizioni‘ (ovvero ciò che è eterno). Dall’altro lato ci sono le cose che possono essere colte attraverso la percezione sensoriale, una qualità irrazionale dell’essere sempre soggetta a continua trasformazione e pertanto impermanente: ‘si genera e perisce, non è mai pienamente essere‘.
Due concetti, quello della conoscenza di ciò che è sempre identico a se stesso e quello della percezione sensoriale come strumento di conoscenza della realtà sensibile, che assomigliano tremendamente a Purusha e Manas, il Sè superiore increato e la mente sensoriale che genera sensazioni ‘opinabili‘, come direbbe Platone.
L’Artefice dell’universo prende ispirazione da ciò che è sempre identico ed immutabile per ricreare l’idea e la potenza nel mondo reale. Ciò che viene creato in questo modo è bello per definizione, mentre non lo è ciò che è creato sul modello di una cosa generata (T 28 B)
Leggendo questo passo non ho potuto fare a meno di pensare alla creazione secondo il Samkhya, che abbiamo già analizzato nei precedenti post: il Purusha – Artefice che crea, o ancor meglio ‘porta in atto’, Prakriti – la Materia ancora in forma di Idea e Potenza a sua immagine e somiglianza. Non può che essere bella, questa creazione, in quanto riflette il Sè incausato, non identificato, eterno: è materia in forma potenziale di pura Luce, l’essenza profonda nascosta al cuore di tutte le cose.
Del resto anche il Dio biblico, durante i vari passaggi della creazione, vede che ciò che sta creando ‘è cosa buona‘ e quindi procede oltre fino a creare ‘l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò‘. (Genesi, 1, 27).
A sua immagine
Anche il cosmo, secondo Platone, è stato generato a immagine del modello eterno. Anche qui torna il parallelo con il Samkhya, con la generazione delle forme materiali a partire dalla materia sottile e informe di Prakriti, la prima Manifestazione che via via si addensa a causa delle pressioni esterne dei Guna, le forze che tutto plasmano.
Platone parla della genesi del cosmo, che è oggetto generato in quanto visibile e tangibile. Per questo motivo è composto di cose sensibili, che possono essere conosciute attraverso la percezione e la sensazione e che sono sempre generate e in eterno divenire. È molto difficile identificare l’Artefice dell’universo, e anche ove ciò accada, è impossibile descriverlo a parole (T 28 C)
Esattamente la via dello yoga, espressa con altre parole: dal corpo grossolano, tangibile e generato dalla legge del Karma sulla base delle impressioni latenti rimaste dalle vite precedenti, il praticante che percepisce e discrimina tra le sensazioni attraverso lo strumento interiore Antarakharana può arrivare alla liberazione, all’illuminazione, al Samadhi, alla conoscenza del vero Sè – Purusha – Padre. Ma il cammino è individuale, è l’esperienza diretta della vita che conduce verso la conoscenza del Fattore – Padre. E l’esperienza della vita è unica per ogni individuo, non può essere condivisa con gli altri.
Ricapitolando: tutto ciò che ha una causa è generato da essa e pertanto impermanente, secondo la legge di causa-effetto o legge del Karma. Le cose generate possono essere conosciute solo tramite la percezione che genera sensazioni, qualcosa di per sé sempre opinabile e di per sé stessa sempre mutevole, in divenire.
Viceversa, l’Artefice ha generato il cosmo a immagine di ciò che è la cosa più bella che esista, l’esemplare eterno e immutabile e quindi di per sé buono: il Sè incausato – Purusha. Tale principio è conoscibile solo attraverso l’intelligenza discriminante – Buddhi, che comprende che sta riflettendo nient’altro che la propria immagine, la propria essenza immutabile…proprio come la montagna si riflette nelle acqua calme del laghetto alpino.
Verità assoluta, comoda e stabile
Il fatto che solo l’eterno sia perfettamente conoscibile mentre ciò che è generato da una causa è solo opinabile sulla base delle percezioni conduce Platone ad una conclusione di fondamentale importanza alla luce del parallelismo con lo yoga: ciò che è eterno e si manifesta mediante l’intelletto (Buddhi) è ‘stabile e saldo‘, inconfutabile, non diviene. E’ l’essenza profonda – Purusha, che si riesce a cogliere nel momento in cui asana (nella sua accezione di forma che assume l’Essere) diventa stabile e comoda:
Sthira sukham asanam – La forma dell’Essere è stabile e libera da tensioni (Yoga Sutra II 46).
Viceversa, ciò che è stato generato a partire da una causa è solo verosimile: questo, per Platone, è il limite della natura umana: bisogna sapersi accontentare di ragionamenti ‘verosimili’ e ‘narrazioni probabili’, senza ricercare più in là. Tutte le cose, infatti, sono solo immagini generate e pertanto impermanenti, e come tali in divenire. I nostri sensi ci danno delle percezioni di ciò che è la realtà che ci circonda, ma si tratta di una realtà in continua evoluzione, e pertanto solo verosimile e mai conoscibile in modo certo.
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