
Una squama di serpente dispersa nell’infinito. Un infinito splendente di luci, di mondi, di suoni senza voce che nessun essere umano riuscirà mai a decifrare, di pensieri e di parole affidati al vuoto cosmico, di vita e di morte che si passano la mano in un continuo gioco delle parti in cui non ci sono vincitori né vinti, ma solo partecipanti.
Partecipanti. Centinaia di migliaia di generazioni, miliardi e miliardi d’individui che hanno condiviso un unico cammino, che li ha portati fino a qui, sotto questa coperta di stelle.
Calda e abbagliante. Una scia bianca lasciata da un serpente nel nero del cielo. Il serpente in tutto questo tempo non ha mai smesso il suo cammino e lo continuerà ben oltre la nostra vita mortale.
Ad ogni scambio di stagione e di pelle, le squame abbandonate vanno a arricchire la scia bianca, ciascuna incarnazione di un fratello mai conosciuto eppure così presente, ciascuna con la sua storia di incontri, di conquiste e di disfatte, di gioie e di dolori, di ricordi e di rimpianti.
Ogni squama ha la sua voce, una flebile, una possente, una dolce, una acuta, una stridente: ciascuna racconta la sua storia e offre i suoi consigli, ciascuna vorrebbe indicare la via e rassicurare che ci sarà un tempo in cui ci ritroveremo tutti, giovani e anziani abitanti di questo mondo, in un posto senza materia, senza tempo e senza spazio, un grande buco nero, o forse no…forse una grande Luce… in cui potremo condividere appieno e gioire delle nostre esperienze.
Ma l’orecchio è diventato sordo e la voce è ammutolita: non sentiamo i racconti delle squame e nessuna parola esce dalla nostra bocca in loro risposta, prigionieri come siamo della nostra prigione dorata, anch’essa ricoperta di piccole squame lucenti che raccontano le loro storie.
La loro voce e il loro luccichio sono così assordanti da ricoprire quelli delle squame del serpente lassù nel cielo. Le squame che ci imprigionano sono poche, ma al nostro occhio e al nostro orecchio appaiono una moltitudine ben più grande delle vecchie squame che brilluccicano lassù da qualche parte.
Le squame dorate hanno tutte la stessa voce, metallica e stonata, che urla promesse di felicità, di apparenza fisica, di ricchezza, di salute imperitura, di future generazioni di vincitori e di vinti . Le squame dorate hanno tutte la stessa faccia senza orecchie, la loro bocca cucita è un auto-parlante che diffonde sempre la stessa canzone triste e accecante, una litania ipnotizzante che divide e spinge alla ricerca effimera del potere e dell’immortalità.
Anche le squame dorate hanno un luogo di ritrovo preferito, sicuro, appartato e ben protetto, un caveau blindato virtuale dove decidere dei destini del mondo, ove lasciarsi andare e confidarsi l’un l’altra le ultime conquiste, le scommesse vinte e i paesi conquistati a suon di fallimenti e schiavitù del terzo millennio, in cui cullarsi in sogni di splendore eterno.
È un luogo accessibile a pochi: i molti esclusi si devono accontentare di contemplare le squame sbiadite del serpente appena visibili nell’accecante luce artificiale delle città. Nuove squame che prima o poi si aggiungeranno ad esse. Amen
© Nisbacat – Riproduzione riservata