
Ramesse guardava la folla e sorrideva. Nulla sfuggiva all’occhio di pietra del faraone abituato a scrutare senza fretta il passare del tempo. Più l’osservava e più Cate si convinceva che mezzo millennio e passa di critica dell’arte non era riuscito a far luce su quella svista madornale.
Il sorriso era lo stesso, nessun dubbio. Appena accennato, sereno e sicuro di se, con un non so che di sardonico che lasciava lo spettatore, ammaliato e confuso, sprofondare in angosciosi dubbi sul suo significato nascosto.
Il blocco da schizzo cercava da vari giorni di carpire l’essenza nascosta del faraone. I gradini del British Museum erano stufi di quell’italiana che non aveva nessuna intenzione di demordere. Sì, Cate ne era sicura, ce l’avrebbe fatta ad eguagliare Leonardo, avrebbe rubato il segreto del grande Ramesse II, antenato di pietra della divina Lisa.
Giornate sempre uguali scandivano il suo tempo da quando domenica era arrivata a Londra, spedita dall’ospedale in cui era da poco stata assunta a un congresso sulle ultime frontiere dell’anestesiologia. La mattina in un hotel li vicino, poi via da Ramesse in pausa pranzo. Di nuovo tra la vita e la morte, e seconda sessione col faraone per decantare la giornata…In realtà la vera giornata, per Cate, erano proprio quelle brevi pause rigeneranti, il resto era lotta per la sopravvivenza. Era sempre l’ultima a uscire la sera dal museo.
Del resto, per quello che aveva da fare la sera…a Londra ci era già stata almeno un centinaio di volte, sempre peraltro con grande piacere. Era di gran lunga la sua città preferita, con quel suo essere amalgama di mille culture che neanche a fare il giro del mondo in ottanta giorni…
Ancora si ricordava di una delle prime visite, come al solito viaggiava da sola per lavoro e si era lanciata in una cena alternativa in un ristorante marocchino. “Non ho mai mangiato arabo, Londra e’ il posto giusto per provare”, si era detta convinta. Un’occhiata al menu, era andata sicura sulla zuppa di pomodoro e lenticchie e l’agnello al forno. La decisione con cui aveva ordinato doveva avere insospettito il cameriere: “Sei marocchina?”, le aveva chiesto. “No, italiana, perché?”. Sembrava che solo i marocchini sappiano apprezzare l’Harira, prelibatezza del Ramadan, “di solito i turisti vanno su cose molto più banali e sicure”, aveva replicato il cameriere dando il la’ a una fitta e per niente banale conversazione. Alla fine era stata una assai piacevole serata fuori dalle righe.
Stasera invece non era in vena di esperimenti, e come sempre in questi casi ripiego’ sull’indiano all’angolo, usato sicuro. Avrebbe anche, con un po’ di sforzo, potuto fermarsi al ristorante dell’albergo per un po di public relations coi colleghi, ma francamente la terza dose giornaliera di terapie salvavita la vita l’avrebbe tolta a lei…Tikka masala e naan…Intanto che aspettava diede un’occhiata al blocco. Lui sapeva. Sentiva quegli occhi di pietra che la trapassavano da parte a parte, calmi e sereni. Loro l’avevano vista, non aveva dubbi a riguardo, ma la testimonianza del faraone non sarebbe servita granché in tribunale. Anche lei sapeva, la sua opera sarebbe continuata.
© Nisbacat – Riproduzione riservata